Caro vescovo, sabato 4 settembre ho benedetto le nozze di due donne omosessuali sui Colli Euganei. E' stata una celebrazione partecipata nella quale ho incontrato persone attente e disponibili ad accogliere il messaggio di Gesù di Nazaret.
Con sorpresa ho letto una bella cronaca sul Mattino di Padova e poi il suo comunicato. Ciò che un vescovo può dire rispetto alle persone omosessuali, si sa già prima che lui apra la bocca; ma io voglio solo proporLe due riflessioni.
Come può dichiarare invalido questo atto quando la sua validità non dipende nè da Lei nè da me, ma dalla realtà del dono che Dio ha accordato a queste due donne?
E se imparassimo a scoprire i mille modi in cui Dio fa scorrere l'amore in tutte le "arterie" del mondo?
Il rischio è quello di ripetere regole ecclesiastiche che la scienza e l'esegesi storico-crtitica hanno sepolto da decenni. Dio non si ferma alle mappe della nostra chiesa.
Ma, signor vescovo, io Le chiedo di partecipare a questa gioia. Voglio dirLe che ormai milioni di gay e lesbiche vivono senza contraddizione l'esperienza di fede e l'esperienza dell'amore omosessuale, in tutta pace, sotto il sorriso di Dio.
E' davvero un tempo nuovo, un tempo di grazia: sono cristiani e cristiane adulti/e, che finalmente non hanno più bisogno di chiedere permesso.
Ne incontro a decine di migliaia. Per me come prete - tale sono da 48 anni e tale resto- questa è una constatazione che mi allarga il cuore. Davvero il Vangelo libera, responsabilizza, fa crescere, alimenta l'amore.
Perchè Lei non partecipa a questa gioia nel vedere che esistono questi cristiani e cristiane usciti/e dalla minore età?
Si tratta di discepoli del nazareno più autonomi, meno "pastorizzati", più felici di essere ciò che sono e più capaci di assumere la responsabilità di un amore profondo e fedele.
Le esprimo queste riflessioni in evidente ed aperto dissenso, con rispetto e con viva cordialità.
Pinerolo 10/09/2011
don Franco Barbero