Genova Sampierdarena: la questione omosessuale interroga i credenti
A Genova-Sampierdarena, nella sala «C. Luoni» al «Pala don Bosco», ha avuto luogo il 13 marzo un incontro dal titolo «Gli omosessuali non sono un problema, sono persone», organizzato da don Piero Borelli. Due omosessuali credenti, un gay (Francesco Serreli di 46 anni) e una lesbica (Laura Ridolfi) hanno parlato della propria esperienza, delle difficoltà incontrate e dell’importanza che la fede ha avuto nel loro cammino a una sala piena e attenta dove non pochi sono dovuti restare in piedi.
Pierguido Viterbi
A Genova-Sampierdarena, nella sala «C. Luoni» al «Pala don Bosco», ha avuto luogo il 13 marzo un incontro dal titolo «Gli omosessuali non sono un problema, sono persone», organizzato da don Piero Borelli. Due omosessuali credenti, un gay (Francesco Serreli di 46 anni) e una lesbica (Laura Ridolfi) hanno parlato della propria esperienza, delle difficoltà incontrate e dell’importanza che la fede ha avuto nel loro cammino a una sala piena e attenta dove non pochi sono dovuti restare in piedi.
I due cammini di vita sono per molti versi abbastanza simili. Tanto in Francesco quanto in Laura l’orientamento omosessuale si è manifestato molto presto verso i 10-12 anni e dopo un tentativo di reprimere la loro personalità si sono entrambi sottoposti per molti anni a psicoterapie di tipo riparativo, mirate cioè a riportarli alla presunta normalità. È stato sostanzialmente il fallimento di queste terapie, raccontano Francesco e Laura, che li ha messi in modo drammatico davanti al problema di accettare una volta per tutte se stessi ed è qui la fede ha giocato un ruolo fondamentale.
Francesco si era avvicinato verso i 18 anni al movimento dei Focolari, ma una volta constatato il proprio definitivo orientamento gay è stato messo davanti a un aut-aut: o essere «etero» o lasciare. Ha lasciato. Un ruolo importante, racconta, hanno avuto la conoscenza con un frate, la frequentazione della Comunità di base a Pinerolo e soprattutto il costante rapporto con la Parola di Dio. Per Laura, i conflitti con la famiglia e i sensi di colpa, tanto più forti in quanto cattolica, hanno determinato una condizione di profonda solitudine e rifiuto di se stessa. «Nel momento di massimo sconforto – ha voluto ricordare – una notte avevo vicino a me un’immagine di Gesù e grazie a essa ho capito che Dio mi accettava come sono e ho potuto così accettare me stessa». Da quel momento Laura è riuscita a vivere la propria omosessualità apertamente seppur in modo discreto e riservato. In un successivo intervento ha detto che circa il 90% dei suoi conoscenti omosessuali è credente, ma i più hanno grosse difficoltà a trovare una loro collocazione spirituale.
È evidente da questi pochi accenni che le chiese si trovano a essere fortemente interrogate da questi credenti, tanto più a Genova, nell’anno del Gay Pride che si terrà il 27 giugno. A questo proposito don Piero Borelli ha voluto prendere un po’ le distanze da una manifestazione che ritiene piuttosto folcloristica e anche volgare, per porre l’accento sulla persona che nella fede è sempre a immagine di Dio. Francesco e Laura hanno però sottolineato che l’amplificazione folcloristica del Gay Pride è in buona parte dovuta ai media che si focalizzano su certi aspetti e al fatto che l’omosessualità per troppo tempo condannata e rifiutata tende oggi a reagire inevitabilmente con una certa effervescenza.
E il pubblico? Una settantina di persone interessate, per la maggior parte cattoliche (ma non è mancata qualche presenza evangelica) hanno posto domande ed espresso punti di vista diversi senza alcuna reticenza dimostrando nella maggior parte dei casi una notevole apertura sul tema. In un momento di chiusure e intolleranze crescenti iniziative come quella di don Borelli si fanno apprezzare più che mai e ci si può solo augurare che altre occasioni simili si offrano alla cittadinanza genovese.